‘Per quest anno non cambiare, stessa
spiaggia stesso mare’… cantava Edoardo Vianello. E invece no… L’estate del 2015
ci ha portato a ‘tradire’ la nostra cara Grigna per degli sconosciuti Monti
Alburni. La voglia di visitare questa zona ci è nata dopo il XXII Congresso
Nazionale di Speleologia che si è tenuto ad Auletta e Pertosa dal 30 Maggio al
2 Giugno 2015. Purtroppo in tale occasione non abbiamo potuto guardarci troppo
attorno per motivi di tempo, ma ci siamo accorti che quella zona meritava una
bella ‘esplorazione’ e quindi abbiamo deciso di avventurarci di nuovo in
Campania per visitare meglio la zona e perché no, conoscere anche nuove realtà
di campi speleo, portando sempre nel cuore la nostra ‘In Grigna!’ però!!
I Monti Alburni sono conosciuti come le
Dolomiti campane: sono un massiccio carsico ricco di doline, cavità,
inghiottitoi e grotte che si trovano tra la valle del Sele e del fiume Tanagro
e fanno parte del Subappennino lucano.
|
Gli alburni visti da Petina - Foto A. Ferrario |
Il 12 agosto, prima di salire al campo speleo facciamo
una piccola tappa alle grotte di Castelcivita in versione ‘turisti della
domenica’ e ci tocca seguire la solita spiegazione della guida sulle grotte,
sulle somiglianze delle concrezioni con animali, troni o alieni… Ci isoliamo mentalmente
e osserviamo meglio con occhi speleo questa grotta. Siamo sicuri che la parte
più bella della spelonca sia visitabile solo con abiti a noi più consoni
(speleo) e ci riproponiamo di tornarci in futuro ‘con le persone giuste’.
Scappati finalmente dalle ‘mete turistiche’
ci dirigiamo verso il campo speleo vero e proprio. Il campo base è il Casone
Aresta, un ex osservatorio astronomico. Montiamo la tenda nel bosco, sistemazione
deluxe : in mezzo alla faggeta, posto silenzioso, campane delle mucche al
pascolo non molto lontane, natura vera finalmente! Durante il pomeriggio conosciamo
diversi ragazzi tra il Casone e i boschi, altri durante la sera o i giorni
successivi.
|
Al Casone Aresta la cena è servita! - Foto A. Ferrario |
Dopo un’abbonante cena (anche troppo
abbondante per esser un campo speleo!) decidiamo di unirci il giorno successivo
al gruppo di ragazzi diretti alla Grava dei Vitelli: il loro obbiettivo è
portare una pompa per svuotare un sifone sul fondo, il nostro è fare foto in
tutta serenità fermandoci verso la metà della discesa perché come ogni anno
purtroppo per vari impegni procrastinabili o meno siamo arrivati al campo
speleo un po’ stanchi e non molto allenati. Diciamo che facciamo sempre
affidamento sulla tecnica acquisita in questi anni e sull’aiuto del pantin per
la progressione!
|
Grava dei Vitelli, vaschette - Foto A. Ferrario |
Dopo un breve meandro troviamo un pozzo da
10, un secondo meandro, un P7, un P6 e 2 piccoli saltini che ci portano al
fantastico P43, il pozzo Carmen, che termina su un bel terrazzo, il Trivio, da
cui partono 3 vie appunto. In teoria io e Andre dovremmo fermarci qui x fare
foto in nel ramo Fossile (che poi tutti ci dicono che fossile non è!) che
partono dal Trivio, ma il Pozzo Carmen ci ha troppo esaltati e decidiamo di
scendere ancora un po’ con gli altri. Dopo un P20 e un meandro raggiungiamo il
Pozzo Moana… Senza Parole!! E’ formato da un P25 e un P40 successivi, pareti
lisce, tiri netti e puliti… un parco giochi! Franz Maurano a questo punto ci
invoglia ancora di più a scendere ancora almeno fino alle vaschette piene
d’acqua più sotto e così seguiamo la truppa senza farci troppo pregare. Ci
immettiamo in un meandro che percorriamo nella sua parte alta, nella parte
fossile a circa 4 metri da terra, fino ad incrociare sulla sinistra un piccolo
arrivo di acqua che alimenta perennemente il successivo tratto di grotta. Noi
saronnesi decidiamo di fermarci qui prima che la situazione diventi ancora più
umida. Dopo un veloce panino ci avviamo verso il ritorno, lentamente, tra
decine e decine di foto e flash… come dar torto ad Andrea in questa grotta?!!
|
Grava dei Vitelli: Pozzo Paura - Foto A. Ferrario |
|
Traversi dopo il Pozzo Paura. Grava dei Vitelli - Foto A. Ferrario |
|
Grava dei Vitelli - Foto A. Ferrario |
|
Grava del Parchitiello I - Foto A. Ferrario |
Il giorno dopo chiacchierando con i ragazzi
del campo, decidiamo invece di buttarci dentro alla Grava del Parchitiello I. L’ingresso è in una stupenda faggeta non molto
lontano dal Casone Aresta. L’obbiettivo della nostra giornata è mettere una
corda in un meandro non distante dal fondo, oltre al solito e sottinteso ‘fare
foto’. Partiamo in sei ma ci dividiamo in due gruppetti. Con me e Andre si
aggiunge Vincenzo Martimucci, presidente dell’SSI. L’ingresso di questa grava
è un bellissimo pozzo a campana da 59
metri seguito da un P13. In successione troviamo alcuni pozzetti (P11, P7,P20,
P7 e P25) e arriviamo in un salone; proseguendo il nostro percorso verso valle
troviamo un lungo tratto orizzontale di 180 metri con un solo salto di 4 metri;
in questo tratto realizziamo l’armo che ci è stato chiesto. Alla fine il
meandro interseca una bella galleria che si biforca verso due piccoli laghi
sifone (uno a monte e uno a valle) dove vediamo delle sagole tirate durante
l’esplorazione di tre giorni prima dello speleo sub.
|
Grava del Parchitiello I, P25 - Foto A. Ferrario |
Ci siamo divertiti tantissimo a fare foto,
battute e a chiacchierare con Vincenzo – detto il Bradipo- e a sognare quali
piatti ci avrebbero aspettati fuori dalla Grava. Dopo tutto la speleologia non
è solo ricerca, fatica e freddo ma è anche un fil rouge che unisce
impercettibilmente persone diverse che vivono in posti diversi, si confrontano
sulla progressione, sulla vita di campo e sulle diverse esperienze di vita
speleo e non!
I due giorni seguenti sono guastati da
maltempo che non ci consente più di andare in grotta. Il 17 agosto, quando smontiamo anche
tutti gli altri smontano il campo. Mentre scrivo mi ritornano in mente le
immagini delle belle grotte che siamo riusciti a visitare durante la nostra
breve permanenza al campo, i volti delle persone conosciute, i nomignoli
simpatici che volavano nell’aria, le abbondanti cene che mettevano a dura prova
gli speleo in strettoia (non me ovviamente!!), il caciocavallo “impiccato”, appeso
a sciogliersi sul fuoco per finire spalmato sul pane, il bosco tranquillo, il
fuoco vicino al Casone alimentato con tanto zelo sotto alle stelle e la mente
libera di viaggiare tra esse. Serenità. La Speleologia dopo tutto è anche
questo.
|
Magnifiche colate calcitiche alla Grava del Parchitiello I - Foto A. Ferrario |
|
Sifone di monte alla Grava del Parchitiello I - Foto A. Ferrario |
Ringraziamo tutti gli speleo del campo dei
gruppi G. S. Natura Esplora, G. Puglia Grotte, il CARS, GS CAI Napoli e speleo
liberi vari che ci hanno coccolato, fatto compagnia in questi bellissimi giorni
sugli Alburni.
Margherita
|
Speleo al sole - Foto A. Ferrario |
|
Il campo ricco sia di speleo che giovani promesse - Foto A. Ferrario |
|
Vita da campo - Foto a. Ferrario |
|
Il caciocavallo impiccato - Foto A. Ferrario |
|
La faggeta degli Alburni - Foto. A. Ferrario |
Nessun commento:
Posta un commento