lunedì 12 ottobre 2015

Alburni 2015

‘Per quest anno non cambiare, stessa spiaggia stesso mare’… cantava Edoardo Vianello. E invece no… L’estate del 2015 ci ha portato a ‘tradire’ la nostra cara Grigna per degli sconosciuti Monti Alburni. La voglia di visitare questa zona ci è nata dopo il XXII Congresso Nazionale di Speleologia che si è tenuto ad Auletta e Pertosa dal 30 Maggio al 2 Giugno 2015. Purtroppo in tale occasione non abbiamo potuto guardarci troppo attorno per motivi di tempo, ma ci siamo accorti che quella zona meritava una bella ‘esplorazione’ e quindi abbiamo deciso di avventurarci di nuovo in Campania per visitare meglio la zona e perché no, conoscere anche nuove realtà di campi speleo, portando sempre nel cuore la nostra ‘In Grigna!’ però!!
I Monti Alburni sono conosciuti come le Dolomiti campane: sono un massiccio carsico ricco di doline, cavità, inghiottitoi e grotte che si trovano tra la valle del Sele e del fiume Tanagro e fanno parte del Subappennino lucano.
Gli alburni visti da Petina - Foto A. Ferrario
Il 12 agosto, prima di salire al campo speleo facciamo una piccola tappa alle grotte di Castelcivita in versione ‘turisti della domenica’ e ci tocca seguire la solita spiegazione della guida sulle grotte, sulle somiglianze delle concrezioni con animali, troni o alieni… Ci isoliamo mentalmente e osserviamo meglio con occhi speleo questa grotta. Siamo sicuri che la parte più bella della spelonca sia visitabile solo con abiti a noi più consoni (speleo) e ci riproponiamo di tornarci in futuro  ‘con le persone giuste’.
Scappati finalmente dalle ‘mete turistiche’ ci dirigiamo verso il campo speleo vero e proprio. Il campo base è il Casone Aresta, un ex osservatorio astronomico. Montiamo la tenda nel bosco, sistemazione deluxe : in mezzo alla faggeta, posto silenzioso, campane delle mucche al pascolo non molto lontane, natura vera finalmente! Durante il pomeriggio conosciamo diversi ragazzi tra il Casone e i boschi, altri durante la sera o i giorni successivi.

Al Casone Aresta la cena è servita! - Foto A. Ferrario
Dopo un’abbonante cena (anche troppo abbondante per esser un campo speleo!) decidiamo di unirci il giorno successivo al gruppo di ragazzi diretti alla Grava dei Vitelli: il loro obbiettivo è portare una pompa per svuotare un sifone sul fondo, il nostro è fare foto in tutta serenità fermandoci verso la metà della discesa perché come ogni anno purtroppo per vari impegni procrastinabili o meno siamo arrivati al campo speleo un po’ stanchi e non molto allenati. Diciamo che facciamo sempre affidamento sulla tecnica acquisita in questi anni e sull’aiuto del pantin per la progressione!




Grava  dei Vitelli, vaschette - Foto A. Ferrario
 Dopo un breve meandro troviamo un pozzo da 10, un secondo meandro, un P7, un P6 e 2 piccoli saltini che ci portano al fantastico P43, il pozzo Carmen, che termina su un bel terrazzo, il Trivio, da cui partono 3 vie appunto. In teoria io e Andre dovremmo fermarci qui x fare foto in nel ramo Fossile (che poi tutti ci dicono che fossile non è!) che partono dal Trivio, ma il Pozzo Carmen ci ha troppo esaltati e decidiamo di scendere ancora un po’ con gli altri. Dopo un P20 e un meandro raggiungiamo il Pozzo Moana… Senza Parole!! E’ formato da un P25 e un P40 successivi, pareti lisce, tiri netti e puliti… un parco giochi! Franz Maurano a questo punto ci invoglia ancora di più a scendere ancora almeno fino alle vaschette piene d’acqua più sotto e così seguiamo la truppa senza farci troppo pregare. Ci immettiamo in un meandro che percorriamo nella sua parte alta, nella parte fossile a circa 4 metri da terra, fino ad incrociare sulla sinistra un piccolo arrivo di acqua che alimenta perennemente il successivo tratto di grotta. Noi saronnesi decidiamo di fermarci qui prima che la situazione diventi ancora più umida. Dopo un veloce panino ci avviamo verso il ritorno, lentamente, tra decine e decine di foto e flash… come dar torto ad Andrea in questa grotta?!!

Grava dei Vitelli: Pozzo Paura - Foto A. Ferrario
Traversi dopo il Pozzo Paura. Grava dei Vitelli - Foto A. Ferrario

Grava dei Vitelli - Foto A. Ferrario

Grava del Parchitiello I - Foto A. Ferrario
Il giorno dopo chiacchierando con i ragazzi del campo, decidiamo invece di buttarci dentro alla Grava del Parchitiello I.  L’ingresso è in una stupenda faggeta non molto lontano dal Casone Aresta. L’obbiettivo della nostra giornata è mettere una corda in un meandro non distante dal fondo, oltre al solito e sottinteso ‘fare foto’. Partiamo in sei ma ci dividiamo in due gruppetti. Con me e Andre si aggiunge Vincenzo Martimucci, presidente dell’SSI. L’ingresso di questa grava è un bellissimo pozzo a campana  da 59 metri seguito da un P13. In successione troviamo alcuni pozzetti (P11, P7,P20, P7 e P25) e arriviamo in un salone; proseguendo il nostro percorso verso valle troviamo un lungo tratto orizzontale di 180 metri con un solo salto di 4 metri; in questo tratto realizziamo l’armo che ci è stato chiesto. Alla fine il meandro interseca una bella galleria che si biforca verso due piccoli laghi sifone (uno a monte e uno a valle) dove vediamo delle sagole tirate durante l’esplorazione di tre giorni prima dello speleo sub.

Grava del Parchitiello I, P25 - Foto A. Ferrario

Ci siamo divertiti tantissimo a fare foto, battute e a chiacchierare con Vincenzo – detto il Bradipo- e a sognare quali piatti ci avrebbero aspettati fuori dalla Grava. Dopo tutto la speleologia non è solo ricerca, fatica e freddo ma è anche un fil rouge che unisce impercettibilmente persone diverse che vivono in posti diversi, si confrontano sulla progressione, sulla vita di campo e sulle diverse esperienze di vita speleo e non!

I due giorni seguenti sono guastati da maltempo che non ci consente più di andare in grotta. Il 17 agosto, quando smontiamo anche tutti gli altri smontano il campo. Mentre scrivo mi ritornano in mente le immagini delle belle grotte che siamo riusciti a visitare durante la nostra breve permanenza al campo, i volti delle persone conosciute, i nomignoli simpatici che volavano nell’aria, le abbondanti cene che mettevano a dura prova gli speleo in strettoia (non me ovviamente!!), il caciocavallo “impiccato”, appeso a sciogliersi sul fuoco per finire spalmato sul pane, il bosco tranquillo, il fuoco vicino al Casone alimentato con tanto zelo sotto alle stelle e la mente libera di viaggiare tra esse. Serenità. La Speleologia dopo tutto è anche questo.


Magnifiche colate calcitiche alla Grava del Parchitiello I - Foto A. Ferrario

Sifone di monte alla Grava del Parchitiello I - Foto A. Ferrario

Ringraziamo tutti gli speleo del campo dei gruppi G. S. Natura Esplora, G. Puglia Grotte, il CARS, GS CAI Napoli e speleo liberi vari che ci hanno coccolato, fatto compagnia in questi bellissimi giorni sugli Alburni.

Margherita

Speleo al sole - Foto A. Ferrario

Il campo ricco sia di speleo che giovani promesse - Foto A. Ferrario

Vita da campo - Foto a. Ferrario

Il caciocavallo impiccato - Foto A. Ferrario

La faggeta degli Alburni - Foto. A. Ferrario





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