domenica 7 gennaio 2018

Tracciamento del Forgnone

Domenica 3 dicembre 2017, S. Omobono Terme.

Stamattina il freddo è pungente. La delegazione del GGS (Andrea, Marghe e Cristian) è la prima ad arrivare al punto di ritrovo. Parcheggiamo l'auto e ci intrufoliamo nel primo bar che troviamo, concedendoci un croissant e godendo del tepore emanato da una stufa che va a pieno regime. Piano piano, altre persone si fanno largo tra la bruma mattutina ed entrano nel locale. Dalle finestre vediamo sottotuta dai colori sgargianti che fanno capolino sotto le giacche a vento. Quando il bar è invaso dalla compagine abbigliata con tinte accese, capiamo che sono arrivati tutti gli speleo che assieme a noi entreranno al Forgnone. Oggi siamo davvero in tanti, ventiquattro per l'esattezza, provenienti da  quasi dieci gruppi speleo.
I veterani si conoscono tutti e - piacevolmente stupito - noto che, nonostante io mi sia avvicinato a questa disciplina da pochissimi anni, alcuni li conosco anche io. E' pur vero che si parla di speleologia e, in particolare, lombarda. Fare questi numeri in una sola uscita è sintomo che esistono realtà che funzionano bene, come la FSLo.
Tutti assieme facciamo il punto della situazione e organizziamo le due squadre che entreranno: una si dirigerà verso il ramo fossile e l'altra giungerà fino alla sorgente per versare il tracciante che sarà monitorato dai captori dislocati in vari punti del territorio, al fine di tracciare l'andamento del fiume che sgorga nella grotta e che di fatto l'ha in buona parte scavata.
Organizzate attrezzature e macchinate, ci dirigiamo verso il punto da cui imboccheremo il sentiero che porta all'ingresso della grotta.
Foto di gruppo prima di entrare in grotta - Foto L. Aimar
Parcheggiamo a bordo strada, ci cambiamo e ci incamminiamo. Discendiamo un poco la ripida collina finché non intercettiamo il sentiero che in una dozzina di minuti ci conduce all'entrata.
Le ultime decine di metri di sentiero che costeggiano il fianco roccioso, sono attrezzate con un cavo di acciaio che seguiamo fino all'ingresso; ad accoglierci c'è il fiume che risaliremo per effettuare il tracciamento.
Percorriamo una scaletta e varchiamo la porta metallica che costituisce l'accesso vero e proprio al complesso.
Il primo tratto è un lungo meandro molto frastagliato che da subito inizia a dimostrarsi affettuoso col tessuto delle nostre tute, dando sfoggio di mille sporgenze che si impigliano ad ogni passo.
Ben presto la pendenza aumenta, seppur in maniera graduale. Si susseguono piccole salite in libera in un ambiente più ampio ornato da qualche cascatella, finché non arriviamo ad un bellissimo e lungo laminatoio, il cui soffitto raggiunge altezze ragguardevoli in alcuni punti.
Attraversiamo la gola utilizzando principalmente la tecnica di opposizione, ma per ampi tratti camminiamo a gambe divaricate, poggiando un piede sulle lame sporgenti da destra e l'altro su quelle da sinistra, mentre sotto di noi scorre il fiume. Il passaggio è tecnicamente semplice ma davvero suggestivo ed è uno di quelli che personalmente ho apprezzato di più.
La grotta presenta pochissimi tratti verticali ma, a causa della particolare conformazione, la percorrenza richiede più tempo rispetto ad altre grotte di sviluppo ben maggiore.

Preparazione del Tinopal - Foto A. Ferrario
Giungiamo ad un piccolo sifone e poco dopo ci troviamo ad affrontare la famosa (o famigerata) strettoia Chinellato. Non è particolarmente lunga ma, ragazzi, è stretta. Tolgo il grosso degli attrezzi e li ripongo nella sacca che spingo davanti a me. Tra me e me penso “ormai di strettoie ne ho viste un po' e direi che tenendo il solo imbrago e il croll, dovrei passare senza problemi”. Mai decisione fu così mal ponderata. Verso la fine della strettoia sento il croll che si pianta in una depressione all'altezza del mio ventre. Non c'è spazio per infilare una mano e cercare di disincastrarlo. Non c'è possibilità nemmeno di alzare un po' la schiena perché il coccige è già a contatto col soffitto. Sono per metà fuori e Andrea prova ad estrarmi afferrandomi per le braccia, ridendo. Niente da fare. Su consiglio di Giorgio, provo la tecnica della “sculettata”: mi butto un po' a sinistra e poi a destra e ripeto il movimento finché non riesco a liberarmi, sgusciando fuori come una salamandra. Bene. La teniamo presente per il ritorno.
Non faccio in tempo constatare il caldo che mi è venuto nella Chinellato che ben presto ci troviamo ad attraversare un cunicolo piuttosto basso e con molta acqua. Ci si bagna per forza, ma stando attenti e facendo forza sulle braccia, si riesce a tenere quantomeno la pancia all'asciutto. Non ho più caldo.
Poco dopo risaliamo uno dei pochi tratti verticali di questa grotta, da percorrere su corda. Dopo la risalita, arriviamo presto ad un laghetto pensile, alimentato dalla cascata che fragorosamente cade al centro del pozzo. Misurando le distanze per non finire in acqua, montiamo i bloccanti e saliamo, procedendo parallelamente allo scroscio impetuoso della cascata.
Non manca molto ad arrivare all'obbiettivo di questa escursione. Il tratto che ci separa dalla Sala Grande è molto bello e ricco di concrezioni. Se dovessimo dividere la grotta in tre sezioni potremmo dire che il laminatoio è la parte “adventure”, la cascata la parte “parco giochi” e l'ultimo tratto che conduce alle sale terminali, la parte “wow”.
Stalattiti, stalagmiti, vaschette, pisoliti. Pare esserci un po' tutto e non mancano i fossili. E' un ottimo posto in cui perdere (anzi, investire) del tempo per fare delle belle fotografie, ma oggi non siamo qui per questo.
Siamo qui per rilasciare circa 2kg di Tinopal nelle acque del corso d'acqua, al fine di comprendere esattamente quali tratte percorre e avere chiaro il quadro idrogeologico del sistema.
Arriviamo alla Sala Grande, dove alcuni sono già alle prese con secchielli, polveri e sbattitori.
Dobbiamo ottimizzare i tempi per effettuare il versamento e documentare il tutto con riprese fotografiche e video. Cerchiamo di posizionare le luci in maniera ideale, in modo da intervenire con aggiustamenti minimi per le due diverse situazioni.

Il liquido azzurrino percorre lento le anse mischiandosi all'acqua del torrente e lo seguiamo affascinati mentre acquista velocità dirigendosi a valle, documentando il tutto con la non poca attrezzatura che abbiamo portato con noi. Cerchiamo di produrre più materiale possibile ma dobbiamo tenere presente che ci attendono altre tre o quattro ore prima di tornare all'aria aperta.
Decidiamo però di fare ancora qualche ripresa videofotografica alla Sala della Cascata perché non  ci riesce di rimanere indifferenti all'effetto “wow” che offre. 
Immissione del  Tinopal - Foto A. Ferrario
Acqua tracciata alla base del Pozzo Cascata - Foto A. Ferrario
 Di buon passo percorriamo la grotta a ritroso. Ripassiamo dalla cunicolo allagato e presto ci ritroviamo alle prese con la Chinellato. Questa volta non cedo alla pigrizia e tolgo interamente l'imbrago: scorro via con facilità e mi sembra quasi di avere attraversato una strettoia diversa da quella di prima.
Se all'andata avevo principalmente percorso la “via alta”, camminando sulle lamine per rimanere asciutto in previsione di essere nelle migliori condizioni per effettuare le riprese, al ritorno attraverso la forra camminando direttamente dentro il torrente. Sono pochi i tratti in cui l'acqua supera il ginocchio e ancor meno sono i punti in cui le pareti si stringono tanto da costringermi a fare delle piccole salite in libera per bypassare i meandri.
La cosa mi diverte e mi fornisce un punto di vista differente, mettendomi nella condizione di apprezzare appieno la morfologia della grotta.
Superata la tortuosa parte che conduce all'uscita, varchiamo nuovamente la porta metallica e ci riuniamo per fare la doverosa foto di rito. Ci ripromettiamo di tornare il prima possibile per dedicarci a una bella visita della grotta, prodigandoci in mere attività da speleo-turisti senza l'incombenza delle operazioni di tracciamento. E' una grotta che merita davvero, indipendentemente dai motivi che invogliano ad entrarvi.
Foto dell'ultimo gruppo uscito dalla grotta - Autoscatto
Siamo tutti felici, soddisfatti e belli caldi dopo il meandro finale. Appena usciti dalla caverna, ci apprestiamo a ripercorrere il sentiero ma veniamo improvvisamente colpiti uno schiaffo ghiacciato. La temperatura di circa -10°C (riportata dal termometro di alcune auto) si fa immediatamente sentire sui nostri abiti inzuppati di acqua e sudore. Fortunatamente, la discreta pendenza del sentiero ci aiuta a tenere a conservare calore nei muscoli.
Dopo esserci cambiati a velocità supersonica ed aver riposto le attrezzature in maniera altrettanto rapida per non torturare oltremodo le dita congelate, raggiungiamo il gruppo che era stato nel ramo fossile, presso una piccola trattoria di Brumano.
Come sempre in questi casi, la tradizionale birra-premio che conclude la giornata e inonda i nostri arsi palati, sembra buonissima, deliziosa, saporita, piena, fresca, superlativa, gustosa, aromatica, divina...


I gruppi partecipanti: GS Varese, Speleo Club Erba, GG Saronno, GS Valle Imagna, GSB Le Nottole, Speleo Club Orobico, Progetto Sebino, Speleo Club Lovere e AS Bresciana.

Cristian Congiu

Nessun commento:

Posta un commento