Walter
Bonatti una volta affermò che non esiste un posto, sulla superficie terrestre,
che non sia stato ancora visto dall'uomo. Anche i posti considerati
inaccessibili dai temerari esploratori, ormai sono stati ben scanditi
dall'occhio dei satelliti.
Dai
poli alle regioni equatoriali, dall'Himalaya alle depressioni del Sahara, non
esiste un punto davvero inesplorato. In un certo senso, tutto ciò che vediamo
all'orizzonte è già conosciuto. La curiosità dell'uomo moderno, la sua fame di
scoperta, trova sazietà quando guarda verso l'alto... O verso il basso. Sono
queste le due direzioni che ancora oggi sono state esplorate solo in minima
parte.
Quando da bambino lessi “Viaggio al centro della Terra” di Jules Verne, rimasi affascinato dal pensiero che sotto al nostro mondo, potesse essercene uno altrettanto vasto e meraviglioso.
Ed effettivamente non è da molto tempo - rispetto ad altri ambienti - che la scienza, senza “fanta-” davanti, ha trovato un reale interesse nello studio delle cavità naturali. E' forse una delle branche più recenti.
Ammetto che prima di frequentare il corso, sapevo solo in minima parte in cosa consistesse l'attività speleologica. Le informazioni a riguardo che filtrano nel “mainstream” sono davvero poche. Mi sono sempre chiesto cosa facessero quegli strani tizi con la lampada sul casco: un po' minatori, un po' alpinisti, un po' geologi... Certo è che da molto tempo volevo provare questa disciplina.
Quando da bambino lessi “Viaggio al centro della Terra” di Jules Verne, rimasi affascinato dal pensiero che sotto al nostro mondo, potesse essercene uno altrettanto vasto e meraviglioso.
Ed effettivamente non è da molto tempo - rispetto ad altri ambienti - che la scienza, senza “fanta-” davanti, ha trovato un reale interesse nello studio delle cavità naturali. E' forse una delle branche più recenti.
Ammetto che prima di frequentare il corso, sapevo solo in minima parte in cosa consistesse l'attività speleologica. Le informazioni a riguardo che filtrano nel “mainstream” sono davvero poche. Mi sono sempre chiesto cosa facessero quegli strani tizi con la lampada sul casco: un po' minatori, un po' alpinisti, un po' geologi... Certo è che da molto tempo volevo provare questa disciplina.
Foto di gruppo al Palamonti |
Cristian ad un frazionamento |
In
un mese e mezzo di calate nei pozzi, di passo del leopardo in cunicoli fangosi
e di lezioni teoriche, mi è tornato in mente qualcosa che pensavo di aver
rimosso dal cervello dopo gli studi: il “Mito della Caverna” di Platone... Ma
in un certo senso rivoltato, come un calzino. Il mito narra di uomini
incatenati sul fondo di una grotta, capaci di vedere solo le ombre di alcuni
oggetti sul muro e con le percezioni in genere molto ridotte o alterate. Uno
dei prigionieri viene liberato ed impiega molto tempo per abituare i propri
doloranti occhi alla luce; in seguito inizia a vedere le cose secondo un'altra
prospettiva ed infine raggiunge l'esterno, che rappresenta la conoscenza.
L'uomo libero decide di tornare nella grotta per rendere partecipi gli altri
prigionieri delle sue scoperte ma, una volta rientrato, deve riabituare la
vista al buio, risultando goffo e disadattato agli occhi dei reclusi. Accusato
di essersi “rovinato gli occhi” con questo suo assurdo viaggio all'esterno,
l'opera di convincimento e liberazione dei compagni risulta quasi impossibile e
a tratti pericolosa: i prigionieri si rifiutano di credere e potrebbero anche
arrivare ad uccidere l'uomo che ha raggiunto la conoscenza, piuttosto che
abbandonare le proprie convinzioni ed intraprendere un percorso ricco di
incertezze, sebbene in realtà più appagante.
Se
ai tempi di Platone, la grotta rappresentava il buio dell'ignoranza, nel terzo
millennio si sta realizzando come una parte importante della conoscenza, si
trovi proprio nel sottosuolo. Se ci pensiamo, lo speleologo compie il medesimo
tragitto ma nella direzione opposta: armato di passione, parte dalla superficie
e scende nella grotta. Sul fondo, può aver scavato, può avere esplorato, può
aver fatto rilievi scientifici, ma una volta tornato in superficie compie una
piccola opera di sensibilizzazione, un sottile percorso personale di
liberazione e divulgazione. Per tutti. O quantomeno, per tutti coloro che
avvertono ancora l'antica tentazione verso l'avventura. Quella genuina, quella
dei libri di Jack London, quella che ti fa sopportare di buon grado il freddo,
il fango, la fatica.
Che dire, io non ancora scoperto nulla di nuovo e non so se mai riuscirò in tale impresa, ma di una cosa sono certo: oggi, su questo mondo, ci sono un po' di persone in più che, a seguito dei miei appassionati racconti, hanno smesso di dire “ma allora sei uno di quei matti che si infila nei buchi della roccia!? Ma non vedi i telegiornali? E' una cosa da sciocchi!”. Da novellino fresco fresco di corso, ho abituato i miei occhi al buio e ho fatto capire ad una manciata di amici, che è semplice liberarsi dalle catene e che la scoperta è molto più vicina a noi di quanto pensiamo.
Che dire, io non ancora scoperto nulla di nuovo e non so se mai riuscirò in tale impresa, ma di una cosa sono certo: oggi, su questo mondo, ci sono un po' di persone in più che, a seguito dei miei appassionati racconti, hanno smesso di dire “ma allora sei uno di quei matti che si infila nei buchi della roccia!? Ma non vedi i telegiornali? E' una cosa da sciocchi!”. Da novellino fresco fresco di corso, ho abituato i miei occhi al buio e ho fatto capire ad una manciata di amici, che è semplice liberarsi dalle catene e che la scoperta è molto più vicina a noi di quanto pensiamo.
Le
lezioni, le esercitazioni, la competenza degli istruttori e, soprattutto, il
loro elevato numero in rapporto a quello degli allievi, mette veramente le
persone nella condizione di comprendere, di apprezzare e di approcciarsi a
questa disciplina in massima sicurezza. Ad un patto: un po' di spirito di
sacrificio, capacità di adattamento e un po' di forza di volontà per proseguire
quando il corpo inizia ad avvertire la stanchezza."
Cristian Congiu
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